Cambi di coscienza spaziale inducono rappresentazioni tipo cellula griglia

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 23 marzo 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

I recenti sviluppi della ricerca neurobiologica e neurofisiologica ci mettono davanti a un nuovo interessante aspetto dei risultati ottenuti con metodi finalizzati a rispondere a quesiti specifici: oltre a costituire risposte puntuali a particolari interrogativi, si offrono alla nostra attenzione come tessere di un grande mosaico che, una volta completo, cambierà del tutto il modo di concepire la fisiologia dell’encefalo umano.

In questa prospettiva, si presenta qui uno studio condotto da Hyuk-June Moon e colleghi coordinati da Olaf Blancke, edito da Christian Doeller del Max Plank Institute e accettato dal membro di PNAS Michael Gazzaniga, protagonista degli studi sul cervello diviso insieme con gli altri celebri allievi del Premio Nobel Roger Sperry e tra i fondatori della neuroscienza cognitiva.

Le cellule griglia (grid cells) della corteccia entorinale codificano l’auto-localizzazione dell’animale in un ambiente, basandosi su informazioni proventi dallo spazio ambientale e segnali multisensoriali originati dal corpo. Una questione di grande attualità sperimentale è che i segnali multisensoriali provenienti dal corpo della persona svolgono un ruolo cruciale nel dare forma al nostro senso del sé, e, mediante manipolazioni sperimentali di questi segnali, si possono indurre cambiamenti illusori nell’auto-localizzazione percettiva. Ma, fino allo studio qui recensito, non si sapeva se tali cambiamenti illusori fossero o meno associati a corrispondenti cambiamenti nell’attività delle cellule griglia della corteccia entorinale.

Hyuk-June Moon e colleghi hanno realizzato questo studio nell’uomo per verificare se una rappresentazione simile a quella delle cellule griglia possa essere indotta basandosi sui segnali multisensoriali emergenti dal corpo, andando al di là dei classici stimoli visivi.

(Moon H.-J. et al., Changes in spatial self-consciousness elicit grid cell-like representation in the entorhinal cortex. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2315758121, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Neuro-X Institute, Faculty of Life Sciences, Swiss Federal Institute of Technology Geneva (Svizzera); Brain Mind Institute, Faculty of Life Sciences, Swiss Federal Institute of Technology Geneva (Svizzera); Bionics Research Center, Biomedical Research Division, Korea Institute of Science and Technology, Seoul (Repubblica di Corea).

Come abbiamo fatto di recente[1], forniamo alcuni spunti di neurofisiologia dei sistemi entorinali in rapporto con quelli ippocampali, per consentire al lettore di collocare lo studio qui recensito nel più ampio quadro di questo campo di studi[2].

L’intuizione dell’esistenza nel cervello di una mappa cognitiva dell’ambiente da parte di Edward Tolman è citata da Siegelbaum, Kandel e vari altri autori, quale primo antecedente documentato dell’ipotesi di lavoro che portò nel 1971 John O’Keefe e John Dostrovsky a scoprire nell’ippocampo di ratto una speciale mappa cognitiva dello spazio vissuto dall’animale.

Grazie al lavoro di John O’Keefe, oggi possiamo dire che la familiarità di un animale con un particolare ambiente è rappresentata nell’ippocampo da uno speciale schema di attività nelle regioni CA3 e CA1 di una popolazione di neuroni piramidali detti cellule di luogo o place cells. Ciascuna di queste cellule si attiva quando un animale entra nella zona di spazio corrispondente all’area di competenza della cellula, il “campo di luogo” o place field. Quando un animale entra in un nuovo ambiente, nel giro di pochi minuti si formano nel suo ippocampo nuovi campi di luogo, che rimangono stabili per settimane o mesi. Per queste proprietà, se si registra l’attività elettrica di un numero adeguato di place cells, è possibile ricavarne l’informazione relativa a dove si trovi esattamente l’animale in quel momento. In tal modo si ritiene che l’ippocampo costituisca una mappa dinamica dello spazio circostante. La dimostrazione da parte di O’Keefe della funzione delle cellule di luogo ha fornito la prima evidenza di una rappresentazione cerebrale dell’ambiente che consente all’animale un’agevole ed efficace traduzione delle intenzioni locomotorie in atti appropriati alle caratteristiche dello spazio. Questa mappa cognitiva non è organizzata secondo un criterio anatomico topografico o egocentrico, come la somatotopica del tatto sulla superficie della corteccia cerebrale, ma è una rappresentazione che si può definire allocentrica, essendo fissata ogni volta rispetto ad un punto del mondo esterno. In altri termini, è una rappresentazione dello spazio-ambiente relativa al punto in cui si trova l’animale.

La mappa cognitiva ippocampale dello spazio rappresentata nelle cellule di luogo, nei trent’anni seguenti, ha ottenuto numerose conferme sperimentali ma, sebbene la sua esistenza fosse diventata una nozione consolidata nella didattica, rimaneva un mistero come facesse questa popolazione cellulare a conoscere le informazioni spaziali necessarie alla sua funzione. In altri termini, non si riusciva a capire in che modo la mappa si costituisse, quale tipo di informazioni spaziali e in quale modo giungessero a queste regioni dell’ippocampo.

Nonostante l’impegno di molti ricercatori, si continuò a brancolare nel buio fino al 2005, quando Edvard I. Moser, May-Britt Moser e colleghi accesero una luce straordinaria con la scoperta di un nuovo sistema cellulare organizzato come una griglia che mappa lo spazio nella corteccia entorinale mediale secondo un criterio del tutto diverso[3]. I neuroni scoperti dai coniugi Moser, detti cellule griglia o grid cells, compongono con i loro assoni la via perforante diretta all’ippocampo, e, a differenza delle cellule di luogo ippocampali che si attivano solo quando l’animale è in una singola e specifica localizzazione, scaricano ogniqualvolta l’animale è in una di varie posizioni regolarmente spaziate a formare una griglia o grata a maglie esagonali. Questa grata consente al cervello di localizzare il corpo cui appartiene all’interno di un sistema di coordinate cartesiane proiettate sul suolo dell’ambiente circostante, ma indipendenti dal contesto, da elementi distintivi di un territorio o contrassegni caratterizzanti un luogo[4].

Le informazioni spaziali codificate dalle grid cells, secondo il criterio della griglia nella corteccia entorinale mediale, sono poi convogliate all’ippocampo dove sono elaborate nella chiave di singole rappresentazioni spaziali corrispondenti all’attivazione delle cellule di luogo.

Un filone recente e affascinante di indagini è quello che, con numerosi lavori, ha affrontato il problema dei rapporti fra la struttura funzionale delle mappe spaziali ippocampali e le basi neurali della memoria esplicita o dichiarativa[5].

Ritorniamo al lavoro condotto da Hyuk-June Moon, Olaf Blancke e colleghi di cui fa parte Emanuela De Falco. Come si è già accennato, le cellule griglia della corteccia entorinale che codificano la localizzazione individuale nello spazio, integrando informazioni provenienti dal corpo con dati ambientali, sono importanti nella nostra specie anche perché contribuiscono al senso del sé; e tale funzione sembra si debba principalmente all’elaborazione, istante per istante, delle informazioni provenienti dal corpo al cervello, attraverso le differenti modalità sensitive e sensoriali.

Prima del lavoro del gruppo di ricerca di Moon, alcuni studi hanno dimostrato in modo convincente che l’applicazione continua di stimoli corporei visuo-tattili può indurre spostamenti percettivi nell’auto-localizzazione, ma un grande interrogativo rimaneva senza risposta: questi cambiamenti illusori sono in grado di innescare una rappresentazione simile a quella generata dalle cellule griglia in condizioni ordinarie nella corteccia entorinale? E, subito dopo, la comunità neuroscientifica poneva una seconda domanda: se questi cambiamenti illusori sono grado di innescare una tale GCLR (grid cell-like representation), come si rapporta questa rappresentazione a quella che si genera durante una “navigazione virtuale convenzionale”?

Gli esperimenti sono stati allestiti dal gruppo si ricerca di Moon proprio per dare risposta diretta a queste domande. I ricercatori hanno sistematicamente indotto spostamenti illusori nell’auto-localizzazione verso direzioni controllate, impiegando una stimolazione corporea visuo-tattile, mentre il punto di vista visuale dei soggetti era tenuto fisso (assente la navigazione virtuale convenzionale). Subito dopo hanno valutato l’eventuale GCLR corrispondente nella corteccia entorinale mediante analisi funzionale MRI.

I risultati rivelano che le variazioni illusorie nell’auto-localizzazione percepita (indipendentemente da cambiamenti negli stimoli di navigazione ambientale) possono effettivamente evocare una GCLR entorinale. Tale rappresentazione era correlata, in quanto alla forza, con la dimensione dell’auto-localizzazione percepita, e caratterizzata da un orientamento delle cellule griglia simile a quello che si ha durante la navigazione virtuale convenzionale nella stessa stanza virtuale.

Questi dati dimostrano che la stessa rappresentazione griglia-simile è reclutata sia quando si perlustra, si percorre (navigating), un ambiente sulla base di stimoli ambientali prevalentemente visivi, sia quando si fa esperienza di illusori spostamenti dell’auto-localizzazione, guidati da stimoli corporei percettivi multisensoriali.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-23 marzo 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 



[1] Note e Notizie 10-02-24 Neuroni entorinali codificano un valore di senso relativo al tempo.

[2] Le nozioni qui proposte in estrema sintesi sono tratte da Note e Notizie 28-11-15 Una lezione sulla memoria dai coniugi Moser insigniti del Nobel nel 2014.

[3] V. Note e Notizie 24-06-06 Neuroni entorinali aiutano ad esplorare l’ambiente; Note e Notizie 06-10-07 Griglia esagonale e ippocampo (riporta in calce l’indicazione bibliografica per esteso dei due lavori che hanno comunicato la scoperta da parte dei Moser, oltre al riferimento al volume classico di introduzione all’argomento). Numerose altre recensioni si trovano scorrendo l’elenco delle “NOTE E NOTIZIE” (dall’11-03-2003 al 10-07-2010 sono rubricate come “ARCHIVIO NOTE E NOTIZIE” cui si accede dal fondo della pagina “NOTE E NOTIZIE”).

[4] Gli studi sulle grid cells sono proseguiti ed è stato dimostrato che la loro attività richiede il segnale neuroni che indicano la posizione della testa dell’animale, o cellule HD (head direction cells). In proposito si raccomanda la lettura della recensione della professoressa Richmond: Note e Notizie 14-02-15 Le cellule griglia hanno bisogno del segnale delle cellule HD.

[5] La memoria esplicita è costituita dalla memoria episodica e dalla memoria semantica.